La buona comunicazione è importante per il professionista

di LUCIANO FRUGIONI

Non era un corso come tutti gli altri quello a cui avevo deciso di partecipare quel 14 dicembre del 2004. Effettivamente era proprio diverso rispetto a quelli che siamo normalmente abituati a frequentare noi commercialisti, anzi mi correggo, “dottori commercialisti” come raccomanda vivamente di definirci il nostro Ordine. Parlavo di un corso diverso, mi spiego meglio.

Normalmente i corsi che riguardano un dottore commercialista hanno sempre a che fare con Testi Unici delle Imposte dirette, DPR sulle imposte indirette, decreti legislativi, circolari, principi contabili, argomenti dalle sigle ai più insignificanti come IVA, IRAP, IRE, IRES, ecc.

Secondo l’impostazione di origine anglosassone, il cliente può essere influenzato con un’opportuna scelta delle variabili comunicazione, prezzo, prodotto e punto vendita

L’argomento che si sarebbe tenuto quel giorno, LA COMUNICAZIONE DEL PROFESSIONISTA, proprio per la sua diversità, aveva attirato la mia attenzione e così, decisi di parteciparvi. Sentendo la parola comunicazione il mio pensiero è tornato indietro, a cercare tra i ricordi universitari una traccia dell’esame di marketing, che avevo superato brillantemente vent’anni prima. Affioravano nella mia mente vaghi e sbiaditi ricordi sulla comunicazione.

Rammentavo che la comunicazione era una delle quattro variabili (insieme a prezzo, prodotto e punto vendita/distribuzione) della strategia di vendita o di marketing mix. Secondo questa impostazione di origine anglosassone, il consumatore (o più genericamente un cliente finale) può essere influenzato con un’opportuna scelta di queste variabili, ed in particolar modo attraverso un’importante campagna pubblicitaria/di comunicazione, a compiere azioni che altrimenti non avrebbe mai compiuto.

L’informazione di per se stessa è come una materia grezza, come la creta in mano al suo scultore, non avrebbe alcun valore se in qualche modo non venisse “manipolata”

In altre parole, una volta identificato, attraverso delle opportune ricerche di mercato, il bersaglio (o target), che è fisso e ben definito, l’importante è miscelare bene le variabili ed il gioco è fatto. Ma è davvero così semplicistico convincere un cliente? Il cliente è realmente un bersaglio fisso? Comunicazione e pubblicità sono allora la stessa cosa? Se è così ne deve allora conseguire che chi fa più pubblicità vende automaticamente di più il proprio prodotto o servizio?

L’informazione non può mai essere obiettiva ed è sempre espressione di soggettività

Come professionista mi sono fatto molte volte queste domande, ponendomi non pochi dubbi a riguardo, senza darmi mai delle spiegazioni esaurienti. Forse a partire da quel giorno avrei potuto dare delle risposte più convincenti ai miei tanti interrogativi. Comincia così la mia “avventura” con il Fattorello. Premessa l’importanza, in taluni casi, delle altre tre variabili indicate (prezzo, prodotto e punto vendita/distribuzione), nel caso di un professionista un ruolo fondamentale, per poter “vendere” meglio i propri servizi, è quello occupato dalla comunicazione.

Non si può parlare di comunicazione se non ci si sofferma inizialmente sulla “materia prima” informazione e su come trasformarla. L’informazione di per se stessa è come una materia grezza, come la creta in mano al suo scultore, di per sé non avrebbe alcun valore se in qualche modo non venisse “manipolata”. Il fatto che l’informazione sia sempre in qualche modo manipolata mi permette di sfatare subito un mito: l’obiettività dell’informazione.

Un professionista sarà tanto più convincente con il suo cliente quanto più riuscirà ad entrare nel suo cervello, quanto più sarà in grado di interpretare i suoi gusti, le sue tendenze, le sue preferenze

Quante volte in tv o alla radio o leggendo un giornale ci siamo sentiti dire che l’informazione che da loro viene data è obiettiva. Oppure, ancora peggio, che la loro informazione è assolutamente obiettiva mentre quella del concorrente no. Nulla di più falso!!! L’informazione non può mai essere obiettiva ed è sempre espressione di soggettività. Fatta questa fondamentale premessa si può parlare di comunicazione.

La disciplina della comunicazione è molto complessa in quanto, come vedremo successivamente, entrano in gioco mille componenti e proprio quando si pensa di aver capito tutto emergono altre variabili non considerate. Come deve essere allora attivato il processo di comunicazione? Esiste una formula “magica” per descrivere questo processo di comunicazione? Il prof. Fattorello, studiando la comunicazione come tecnica sociale, ha elaborato una formula dentro la quale l’intero concetto di comunicazione è racchiuso.

Comunicare significa mettere in comune. Non è solo di tipo logico-semantico ma anche e soprattutto di tipo affettivo-emotivo

Abbiamo un soggetto promotore (SP), un mezzo (M), una formula d’opinione (O), attraverso la quale descrivo un fatto, ed un soggetto recettore (SR) che impropriamente nella scuola anglosassone viene definito target o bersaglio fisso. Supponiamo che in questo istante nel mondo si verifichi un determinato fatto, colui o coloro che decidono di parlarne comunicheranno quel qualcosa a modo loro. La realtà non entrerà mai tale e quale nel rapporto di comunicazione. Il soggetto promotore vede la realtà con tutta la sua soggettività e mette addosso a quel fatto la sua interpretazione, il suo abitino.

Da questo si deduce che la tanto decantata obiettività è un clamoroso “bluff”. In qualunque ambito ci troviamo dobbiamo allora concentrarci sulla O ossia sull’interpretazione che il soggetto promotore dà alla realtà. Tale interpretazione sarà tanto più convincente quanto più riuscirà a raggiungere il maggior numero di soggetti recettori. Emerge allora una eclatante verità: il soggetto recettore è un elemento fondamentale nel processo di comunicazione e non un soggetto passivo come forse fino ad oggi qualcuno credeva o voleva farci credere.

L’impatto della comunicazione non verbale è nettamente superiore a quella di tipo verbale. Il 90% della comunicazione interpersonale è rappresentata da messaggi non verbali emessi in maniera inconsapevole

Analogamente un professionista sarà tanto più convincente con il suo cliente quanto più riuscirà ad entrare nel suo cervello, quanto più sarà in grado di interpretare i suoi gusti, le sue tendenze, le sue preferenze. Un aspetto che il soggetto promotore dovrà sempre tenere presente è che i soggetti recettori sono capricciosi quindi potrebbero cambiare idee, esigenze ecc.

Un buon commercialista, ad esempio, non sarà soltanto colui che fornisce un buon servizio o che sa a memoria tutto il testo delle imposte dirette, ma colui che cercherà di entrare il più possibile nel pensiero del suo soggetto recettore che, nel caso specifico, è il cliente.

Possiamo allora definire due concetti fondamentali: 1) la realtà non può essere comunicata ma solo essere messa in forma”, cioè informata; 2) per ottenere l’adesione del soggetto recettore bisogna guardare la realtà il più vicino possibile a come la vedrebbe lui. Quanto più il soggetto promotore/professionista (SP) ed il soggetto recettore/cliente (SR) riusciranno a condividere il modo di vedere la realtà tanto più sarà efficace il processo di comunicazione.

Ne consegue che non esiste un modo di condizionare gli altri per portarli verso noi stessi, esiste però l’imperativo categorico di studiare a fondo e capire il nostro soggetto recettore/cliente. Quanto più capiremo il nostro soggetto recettore, tanto più sarà efficace il processo di comunicazione. Comunicare significa mettere in comune. La comunicazione non è solo di tipo logico-semantico (verbale) ma anche e soprattutto di tipo affettivo-emotivo (non verbale).

Laddove comunicazione verbale e non verbale (tono della voce, gestualità, movimenti ecc.) coincidono tanto più efficace è il messaggio che vogliamo comunicare

L’impatto della comunicazione non verbale è nettamente superiore a quella di tipo verbale. Il 90% della comunicazione interpersonale è rappresentata da messaggi non verbali emessi in maniera inconsapevole. Per un professionista imparare a comprendere e gestire tali messaggi è fondamentale per comunicare bene. Laddove comunicazione verbale e non verbale (tono della voce, gestualità, movimenti ecc.) coincidono tanto più efficace è il messaggio che vogliamo comunicare.

Il professionista (soggetto promotore) ed il cliente (soggetto recettore) all’interno del processo di comuni14 - comunicazione bncazione non occupano sempre la stessa posizione ma alternativamente diventano soggetto recettore e soggetto promotore, dando vita ad un continuo processo di comunicazione. Una volta avviato il processo di comunicazione segue un processo fondamentale che è il controllo. Con il processo di controllo si arriva a misurare (in situazioni importanti si ricorre a studi come la doxometria) la l’adesione, ossia il consenso che viene dato dal soggetto recettore.

E nel caso di scarso consenso il soggetto promotore dovrà cercare di apportare gli opportuni cambiamenti alla formula di opinione proposta, per avvicinarsi il più possibile al soggetto recettore. Un professionista che vuole comunicare bene con il suo cliente deve innanzitutto capire chi è il suo interlocutore e qual è il modo migliore per entrare in comunicazione con lui. Non deve, inoltre, mai perdere di vista quelli che possono essere i cambiamenti che intervengono nei suoi gusti, nelle su
e esigenze, nelle sue aspettative.

Da quanto finora esposto si deduce che comunicare sia un’arte, difficile e semplice nello stesso tempo. Saper comunicare bene è, quindi, una sfida importante che coinvolge indistintamente tutte le categorie ma, in particolar modo, quella dei professionisti che necessitano di ottenere una comunicazione quanto più efficace.

Purtroppo ancora oggi molti professionisti cercano di “colpire” i clienti con paroloni inutili, linguaggio tecnico ed una terminologia che, alla maggior parte delle persone, appare a dir poco incomprensibile. Parafrasando una famosa pubblicità di tanti anni fa verrebbe da dire “meditate professionisti, meditate……”

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