Il condizionamento dei mezzi di informazione: realtà o illusione ?

Università degli studi di Urbino “Carlo Bo” – Facoltà di Sociologia – Corso di Laurea Specialistica in Editoria, Media e Giornalismo – “Tecniche di Relazione” Prof. Giuseppe RAGNETTI

“Il condizionamento dei mezzi di informazione: realtà o illusione ?”

a cura di Annalisa Blasetti

Ogni giorno sentiamo parlare di condizionamento dei mezzi di comunicazione di massa, di onnipotenza dei media, di informazione obiettiva. Ancora, si parla di pubblicità occulta, di messaggi subliminali, per cui esisterebbero informazioni che il cervello di una persona assimila a livello inconscio, suoni, immagini, scritte che nasconderebbero al loro interno, come in un codice cifrato, ulteriori frasi o immagini avulse dal contesto iniziale che rimangono inconsapevolmente nella memoria dell’osservatore.

Si dice che la pubblicità fa vendere, che è forza pervasiva e potente che influisce sulla mentalità e il comportamento dimenticando che, come ogni atto di comunicazione, la forza e il valore della pubblicità dipendono dal suo destinatario. Il “ricordo” specifico di un messaggio pubblicitario non è la misura della sua efficacia. Ci sono annunci, film, manifesti eccetera che ricordiamo, per qualche loro caratteristica insolita o interessante, ma di cui non teniamo alcun conto nelle nostre scelte.

Ci sono, invece, infinite cose di cui siamo convinti anche senza ricordare esattamente da quale persona, fonte, fatto o circostanza abbiamo ricavato quella convinzione. Questo vale anche per la pubblicità. Raccogliamo ciò che ci interessa o può esserci utile, dimentichiamo il resto. Ogni messaggio che riceviamo (pubblicitario o non) non è un segnale isolato; nel momento in cui lo percepiamo si mescola immediatamente con le nostre conoscenze, esperienze e opinioni, diventa una nostra conoscenza, che può essere molto diversa da ciò che qualcuno aveva intenzione di dirci. La non comprensione di questo “metabolismo” mentale è uno dei motivi per cui si produce tanta comunicazione inefficace.

Queste erronee convinzioni hanno il loro capostipite nella cosiddetta “Teoria Ipodermica”, che si sviluppa nel periodo tra le due guerre mondiali, quando l’Europa è attraversata dal fenomeno fascista e nazista dove le masse, ancora inconsapevoli del reale potere dei mezzi di comunicazione di massa, furono portati a sostenere tale tipo di regimi.

La Bullet Theory, detta anche “Teoria dell’ago ipodermico” è una teoria secondo la quale i mass media sono potenti strumenti persuasivi che agiscono direttamente su di una massa passiva e inerte. Il messaggio sparato dal medium viene iniettato direttamente nel cervello del ricevente, il quale ha un ruolo del tutto passivo. Come si evince dalla traduzione letterale, il termine bullet sta a significare la parola “proiettile” ovvero il messaggio mediale che colpisce direttamente un soggetto, evidentemente senza possibilità di opporsi.

In questa fase, il problema centrale della ricerca è quello degli “effetti”: una volta stabilito che il messaggio viene trasmesso per via “ipodermica”, direttamente dall’emittente al pubblico attraverso un “ago ipodermico” rappresentato dal medium, si tratta soltanto di quantificare gli effetti sul comportamento dell’esposizione a quel messaggio. Era quindi dato per scontato che una volta sparato il “bullet”, si dovesse soltanto capire quanti e quali “target” sarebbero stati colpiti, dando per scontato che esistesse una correlazione diretta tra esposizione ai messaggi e comportamento.

“La Tecnica Sociale dell’Informazione, elaborata da Francesco Fattorello, si basa sul presupposto che non possa esistere un’impostazione teorica sulla comunicazione sempre valida ed applicabile a qualunque recettore ma che una metodologia sui processi di interazione tra chi promuove e chi riceve la comunicazione, debba necessariamente essere tarata sul recettore.

Ecco allora il recettore non più oggetto passivo della comunicazione che diviene, a sua volta, un soggetto opinante di pari dignità che interagisce sempre e comunque con il promotore, all’interno di una complessa dinamica sociale.” Da qui l’apporto fondamentale di una Tecnica Sociale che ricerca l’adesione e quindi il consenso dei destinatari sulla base delle loro attitudini sociali. Attitudini sociali intese come disponibilità ad accettare le opinioni proposte, secondo la propria acculturazione, intendendo per acculturazione tutto ciò che l’ambiente sociale ha, inevitabilmente, trasferito nell’arco di tutta una vita a qualsiasi essere umano.

La Teoria della Tecnica Sociale si pone in netta antitesi con l’impostazione teorica anglosassone che per decenni ha inteso far leva sulla psiche dell’individuo attribuendo alla comunicazione in senso lato la capacità di “persuasione occulta”. L’informazione come tecnica sociale si articola tra due soggetti opinanti, il promotore ed il recettore, mediante un mezzo il cui contenuto è quella tal forma data a ciò che è oggetto di informazione. I termini del processo di informazione sono:

                x)

                                                  M

                                   SP                        SR

                                                  O

SP è il soggetto promotore che ha l’iniziativa dell’informazione;

SR è il soggetto recettore;

M è il mezzo o lo strumento che serve a saldare il rapporto tra i primi;

O è il contenuto, ovvero la forma data all’oggetto dell’informazione.

La x) indica ciò che è oggetto del rapporto di informazione, ciò di cui si parla. E’ accompagnata da una parentesi che sta ad indicare come il fatto, l’ideologia, il personaggio di cui si parla resta fuori dal processo.

Infatti, se devo riferire su una mostra di quadri che ho visitato non è questa che metto fra me relatore e il mio recettore, ma la mia relazione sulla mostra.

L’aspetto molto importante da sottolineare è che nel modello Fattorelliano i due termini principali sono soggetti opinanti, cioè opinano su ciò che è motivo dell’informazione. Non è, infatti, corretto dire che il SP promuove l’informazione e il secondo la riceve passivamente. Il SP trasmette la forma che ha dato a ciò che ha interpretato; il SR non si limita a riceverla, ma la trasmette a sua volta. L’informazione non si estingue, ma si rinnova sempre per cui il SR di un rapporto che si vuole considerare diventa SP nell’anello di una catena seguente che si sviluppa orizzontalmente e che può irradiarsi a raggiera ove i destinatari siano diversamente distribuiti. 

L’opinione è quella che il soggetto promotore trasmette al recettore su una cosa, un fatto, un’ideologia e opinione o reazione di opinione è quella del recettore allorché aderisce o meno a quella che gli viene proposta su una cosa, una fatto, un’ideologia. Affinché il recettore sia tale è indispensabile la sua socializzazione allo stesso ambito culturale del soggetto promotore. Ove mancasse una tale corrispondenza, il rapporto di informazione non avrebbe l’effetto voluto: il contenuto non potrebbe essere ricevuto o capito, oppure potrebbe essere male interpretato.

Il fatto che la configurazione del contenuto è preceduta da un processo di opinione, ci richiama alla soggettività che caratterizza il fenomeno dell’informazione. L’uomo non può uscire da se stesso, dalla sua soggettività. Per cui coloro che affermano di essere obiettivi o imparziali presentano, di fatto, una visione della realtà relativa ad ognuno di noi.

La Tecnica Sociale dell’Informazione ha restituito dignità al soggetto recettore rendendolo protagonista del processo comunicativo che è di natura sociale. Questo vuol dire che il processo dell’informazione e dell’adesione di opinione non ha nulla a che vedere con il comportamento del recettore.

Una volta che il SP ha informato la x) e la trasmette al SR in una forma ad esso adeguata, il SR può aderire oppure no, ma il processo si ferma lì. Il conseguente comportamento che assumerà il recettore non riguarda il processo né tanto meno può essere determinato dallo stesso. In altre parole al SR può piacere la pubblicità o il programma che gli è stato proposto, ma questo non implica necessariamente che poi acquisti il prodotto reclamizzato o guardi il programma, per tutta una serie di motivi specifici o particolari per ognuno di noi.

Partendo da ciò l’unica cosa che si può fare è operare sulle opinioni dei recettori e realizzare il messaggio nel modo più consono all’acculturazione degli stessi. Alcune scuole predicano, tuttora, una “strategia psicologica”: soprattutto in propaganda e pubblicità, si dovrebbe giocare con gli istinti dei recettori scavando nelle profondità dell’animo umano, convinti che tale metodo apporti proficui risultati. Non è facile comprendere che compito dell’informazione è raggiungere un’adesione di opinione e, per questo obiettivo, la psicologia non serve.

   “ Vorremmo dubitare del presunto potere, più o meno occulto, dei mezzi di informazione di condizionare il pubblico. Basti pensare alla fine ingloriosa di regimi e dittatori, che disponevano, in assoluto, di tutti i mezzi d’informazione o più semplicemente all’insuccesso di dispendiose campagne pubblicitarie.

   I mezzi di informazione certamente agiscono sulle opinioni, ma non sono in grado di condizionare i comportamenti degli uomini. Sono altri i motivi, alcuni noti altri meno, che stanno alla base delle nostre azioni.”

(Citazione dal libro:Giuseppe Ragnetti,  Opinioni sull’opinione, Ed. QuattroVenti , Urbino 2006)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *