Se Cleopatra sapesse comunicare…

di SARA ANGELUCCI

Cleopatra è il nome della mia gattina, ed ogni volta che esco di casa la saluto dicendole “ciao topolino mio”!! Ma se Cleopatra sapesse che, il vezzeggiativo con il quale mi rivolgo a lei, è il nome che il nostro linguaggio assegna a quegli animaletti ai quali dà la caccia con tanta foga, cosa direbbe?

Probabilmente, la sua reazione non sarebbe affettuosa come, viceversa, si dimostra. Tra gli uomini la comunicazione, per essere tale, deve avvenire con modalità diverse e chi ha letto il numero precedente del nostro bollettino ha certamente compreso la rivoluzione operata dalla fattorelliana “Scuola di Roma”.

Considerare sullo stesso piano sia il soggetto promotore che il soggetto recettore, entrambi soggetti opinanti di pari dignità, significa che per comunicare bisogna avere chiaro chi è il destinatario del nostro messaggio. Quando parliamo non possiamo rovesciare sull’altro il nostro pensiero, bensì dobbiamo costruirlo tenendo conto anche della sua idea.

E’ evidente come nella maggior parte dei casi questo non avvenga: si parla ma non si comunica, e ciò è visibile nella conflittualità che si registra negli ambienti politici, professionali e familiari. Ciò che sembra scontato (chi ammette di parlare senza conoscere chi si ha davanti?!), manda in corto circuito il processo comunicativo e la lite (verbale, ma non sempre) invalida lo scambio.

I politici, d’altro canto, rappresentano un caso esemplificativo di come, sullo stesso concetto, si possono costruire significati contrapposti, pur tuttavia validi, perché indirizzati a pubblici differenti. Solo chi fuori dagli schieramenti di partito vuole trovare un’univoca soluzione, si renderà conto che in realtà questa non esiste e sono proposte visioni diverse, che non costituiscono una risoluzione concreta.

Ci può essere un sistema migliore? Ci sono parole ed espressioni che abbiamo timore di pronunciare a noi stessi e che avrebbero invece un gran effetto benefico sul nostro essere e sul modo di relazionarci all’altro. Allora, forse, è il caso di avere più comprensione per noi stessi, dobbiamo esercitarci a pronunciare ad alta voce quelle parole che germogliando dentro di noi, ci predispongono all’accoglienza verso chi abbiamo di fronte.

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